Björk: il grande abbraccio con madre natura
Il paesaggio stesso, tra minacce incontrollabili e fascino sconfinato, risulta oramai riflesso in lei – Homgenic[8] –. Si lascia così sopraffare da quel senso d’impotenza e di resa al cospetto del caos che solo la natura sa generare, mentre osserva Isobel tramutarsi in una strana creatura post-industriale a metà strada fra un orso e qualcosa di cibernetico.
Prima di scomparire, Isobel urla:
Se il viaggio è una ricerca, Io non mi fermo. Io vado a cacciare. Io sono il cacciatore. Io porterò a casa il cibo, ma non so quando. Ho creduto di poter organizzare la libertà. Quanto sangue scandinavo in me. Lo hai scoperto, non è vero? (Tu semplicemente non mi conoscevi!)[9].
In un baleno la terra sotto i suoi piedi comincia a muoversi mentre dalle fessure inizia a fuoriuscire magma incandescente accompagnato da crepitii, esplosioni e dal rumore delle rocce in frantumi. Leandra diventa quasi parte integrante della struttura terrestre, mentre in una sorta di quiete interiore, il pensiero va a Jòga, e al suo amore per la terra:
Panorami commoventi mi sconcertano e poi l’enigma si risolve. Stato di emergenza..Come è meraviglioso esserci. Stato di emergenza…è dove voglio stare [10].
In un lampo è subito sera, e nel silenzio della notte la giovane si ritrova circondata da insolite note di carillon che si sposano con i rumori della natura selvaggia[11]. S’incammina verso la vetta di quello che assomiglia a un ghiacciaio ascoltando il suono dei suoi passi sulla neve e pregando la dea Aurora: “Camminando sulla vetta del ghiacciai,o vado alla ricerca di momenti di splendore. Di crepuscolo in crepuscolo Aurora, Barbaglio della dea, lanciami al di là di questo dolore. È grande il bisogno. Aurora, Barbaglio della dea, l’ombra della montagna fa immaginare la tua forma. Cado sulle mie ginocchia. Riempio la bocca di neve. Il modo in cui si scioglie è quello in cui io vorrei sciogliermi in te. Aurora, libera la luce del sole”[12]. Un cammino onirico che la porta a valle, dove s’imbatte in una fattoria. Al suo arrivo, il fattore la accoglie come se la conoscesse da sempre, offrendogli del cibo:La mia fattoria e la tua dormono felici e in pace. Scende la neve silenziosa al crepuscolo sulla terra. La mia erba e la tua conservano la terra fino a primavera…Lontano da qui si risveglia un grande mondo impazzito per un terribile sortilegio inquieto, pieno di paura della notte e del giorno. I tuoi occhi senza paura e sereni sorridono luminosi verso di me [13].
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[8] Homogenic racchiude al suo interno la visione speculare della riconnessione tra l’Io e le proprie radici. Nell’album, dalla chiara matrice concettuale, Björk inoltre elabora una struttura compositiva e di forma canzone che mira a riflettere la sua Islanda, con chiari rimandi al battito e all’emotività della sua terra. [9]In Hunter (Homogenic) è la lotta tra natura e tecnologia a prendere il sopravvento. Questa tematica si fa ancora più forte nel video dove Björk calva combatte contro l’inevitabile trasformazione della sua testa in quella di un cyber-orso quasi a voler rappresentare attraverso le immagini l’eterna lotta tra naturale e virtuale. Il titolo del brano, “Cacciatore”, nonché il testo (dove è ravvisabile anche il forte rapporto con la terra d’origine) risulta altresì emblematico: una cacciatrice che si avventura in una ricerca alla scoperta della conoscenza stessa. [10]Il brano Jòga, che conserva quasi in sé l’idea della continua crescita biologica del territorio islandese (a cui infatti è dedicata la canzone), alterna la dolcezza degli archi alle fredde e rocciose anime elettroniche, mentre nel suo significato si svelano i sentimenti dell’artista che cerca di trovare risposte nella natura stessa. Il videclip diretto da Michel Gondry mira a rappresentare queste stesse sensazioni in una passeggiata tra “paradisi terrestri” variegati mentre il corpo di Björk assume la stessa composizione della crosta terrestre. Il corpo della cantante viene invaso da paesaggi mentre si fa spazio una fessura all’altezza del cuore. [11]L’album Vespertine è un album fondamentalmente notturno, dove oltre all’uso di campionatori e a una sapiente estetica dei rumori c’è anche un massiccio utilizzo di cori e carillon. In merito all’album Björk spiega: “E’ un disco dalle molteplici, apparentemente contraddittorie, allusioni – spiega – L’amore e la caccia, l’aprirsi alla preghiera e il ritirarsi nella contemplazione, l’abbandonarsi alle energie dell’universo nel momento in cui la notte si chiude su di te.” “La parola ‘Vespertine’ – spiega inoltre – racchiude in sé molti concetti: il fiore che si schiude all’imbrunire, l’animale che diventa attivo al calare delle tenebre, la preghiera della sera, Venere, la stella della sera, il tramonto e l’oscurità totale”. [12]Il suono dei passi sulla neve è uno dei rumori presenti nel brano Aurora che descrive una sorta di pellegrinaggio verso il picco di un ghiacciaio e che ben rappresenta il rapporto viscerale che c’è tra gli islandesi (popolo prevalentemente contadino e cacciatore) e la natura. In molte culture antiche c’è altresì una connessione tra l’acquisizione dei poteri magici e l’ascesa a un monte. Nel brano Björk prega la dea Aurora di curare il suo dolore facendo sorgere il sole, e alla fine di quest’ascesa religiosa si offre di sacrificare alla dea il suo stesso corpo, mentre riempiendosi la bocca di neve simbolicamente mira a sciogliersi quasi in essa. [13]Vökuró (Medulla), è un’elegia alla natura cantata in islandese.
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