Buddhismo ZEN – Andare oltre alla sofferenza è possibile?
Chiunque voglia attraversare un fiume per raggiungere la sponda opposta necessita di una imbarcazione: può usare una zattera, una canoa, un tronco di legno, diversi mezzi.
Se immagini che la sponda del fiume sia la cessazione della tua sofferenza, beh, il buddhismo è uno di questi mezzi.
Ma cosa è la sofferenza?
Per noi buddhisti è una delle caratteristiche dell’esistenza: la meno piacevole ma anche la più complicata da descrivere.
La sofferenza palese è facilmente percepibile da chiunque, ma una notevole parte della stessa rimane nascosta e solo attraverso una pratica meditativa, soprattutto di consapevolezza, riusciamo a coglierne l’esistenza.
Purtroppo devo essere chiaro: il buddhismo, quello più profondo dal mio punto di vista, non ritiene che la felicità possa essere raggiunta in questo mondo.
Non lasciatevi ingannare, ve lo scrivo con il cuore in mano: qualsiasi cosa ci appare come piacevole nasconde al proprio interno i semi della sofferenza.
Lo so che non fa piacere sentirselo dire ma siamo seri: questo è il percorso che dobbiamo seguire per raggiungere concretamente la cessazione della sofferenza.
Ci sono tanti motivi per cui un evento che provoca piacere attraverso i cinque fattori o aggregati di cui abbiamo parlato nel precedente articolo nasconde al proprio interno i semi della sofferenza: ad esempio il non perdurare nel tempo oppure che un piacere per noi sia un dolore per un altro essere senziente (pensate a quando vi cibate di carne o pesce) oppure che nasca la paura o l’ansia di perdere questa condizione piacevole appena raggiunta.
Le tradizioni buddhiste hanno sviluppato sia interpretazioni che risposte differenti sulla questione della “sofferenza”: se parte del buddhismo legato alle tradizioni più antiche si è, ancora oggi, tendenzialmente isolato dal “mondo”, altre tradizioni, come quella Mahayana, hanno dapprima sviluppato tale tendenza all’isolamento per poi, una volta acquisita con la pratica meditativa la “saggezza”, favorire il ritorno dei praticanti nel “mondo”, a beneficio e supporto di tutti gli esseri senzienti che abbiano una mente-cuore aperti e ricettivi.
Il tema della sofferenza è stato sin dagli inizi al centro dell’attenzione: il Buddha storico lo tratto’ all’interno di quelle che sono state definite “Quattro Nobili Verita’” ma anche successivamente, nel corso della storia buddhista, ebbe sviluppi importanti.
Il tema del dolore è poi connesso a quella che verrà studiata come “legge delle cause e delle condizioni” di tutti i fenomeni ma si lega soprattutto all’aspetto “karmico” della visione buddhista della vita.
Voglio sottolineare come nel buddhismo non esista un creatore dell’universo, un Dio cui fanno riferimento delle leggi, la cui violazione comporta dolore e sofferenza per l’essere umano.
Essere umano, peraltro, considerato quasi sempre creatura “superiore”, prodotto dallo stesso dio, oltretutto.
Nel buddhismo, forse per la prima volta nella storia, è l’essere umano, al centro della vita “fenomenica”, frutto e condizione dei cinque aggregati, che prende in mano il proprio destino e lo “modella”.
Allora tutto dipende solo da me?… vi chiederete.
Purtroppo no, noi buddhisti diciamo che il meccanismo di cause e condizioni è anche contingente e impersonale!
Non tutto dipende da te….
Mi spiace!
Non siamo come quelli che….”basta che compri il mio libro e segui le istruzioni e diventerai felice per sempre”!
Sin dall’inizio della storia buddhista, comunque, la “morale” viene a svolgere un ruolo centrale nel cammino verso la cessazione della sofferenza.
Una “morale” che in diverse scuole sconfina in rigide regole analitiche di condotta, in altre in adattamenti e personalizzazioni di regole morali più generali.
Non giudichiamo cosa sia meglio o peggio.
Il “teatro” in cui noi tutti ci muoviamo rimane il “samsara” buddhista, con le nostre illusioni connesse ad un mondo fenomenico “vuoto” e impermanente, come abbiamo potuto descrivere nei due articoli precedenti, al cui centro troneggia l’idea di una personalità individuale, di un “io”.
Cosa vi è, quindi, alla base del “karma”?
L’ignoranza!…che significa anche illusione per il mondo reale e dei fenomeni.
Come si sconfigge l’ignoranza?
Con la meditazione!…ci siamo tornati!
Tutto ruota intorno alla pratica meditativa!
Con tale pratica si mitiga l’attaccamento alle cose della vita e il “fuoco” delle passioni ovvero il “carburante” principale del Samsara.
Un giorno i cinque aggregati su cui si basa la nostra esistenza diventeranno come inerti e il ciclo di nascite e rinascite ci condurrà al Nirvana e tutto questo attraverso la pratica e l’acquisizione di una saggezza che va oltre.
Oltre anche l’altra sponda…
Hae Myong
Hae Myong Per alcuni anni guida anche le pratiche del gruppo genovese di tale comunita’ religiosa presso i locali dell’Associazione “UnSoloCielo” in via San Lorenzo a Genova. Nel 2009 riceve a Seoul dal monaco Tae Hye Sunim i cinque precetti Buddhisti e assume il nome di Dharma di Mu Mun. Nel 2009 risiede per alcune settimane in Corea presso i principali templi dell’Ordine Jogye. Nel 2010 e 2012 visita alcuni templi in Thailandia. Nel 2014 inizia a studiare presso l’Institute for Buddhist Studies USA (IBS) dell’Ordine coreano zen Taego-jong affiliato con Dong Bang College of Korea. Nel 2015 partecipa ad alcuni ritiri spirituali organizzati dall’Ordine Taego in USA. Nel 2016 riceve il diploma dall’IBS dopo aver terminato i due anni di studi ed aver superato tutti gli esami e la tesi finale. Nel 2017 riceve i precetti del Bodhisattva presso l’Associazione Bodhidharma in Lerici. Nel 2018 viene ordinato in Polonia Dharma Teacher dall’Ordine Taego-jong e riceve il nome di Dharma di Reverendo Hae Myong. La mia pagina facebook
Inizia a studiare da autodidatta il Taoismo cinese nel 2004 e presto si avvicina allo studio della cultura zen e buddhista.
Nel 2006 inizia a praticare presso l’Associazione “Bodhidharma” di Lerici del monaco buddhista Tae Hye Sunim, di ordinazione coreana e birmana, una sorta di pratica che accoglie aspetti della tradizione Theravada e della tradizione Mahayana del Buddhismo.